Il racconto della Luna n.1



"E un'altra volta è notte, e suono.
Non so neppure io per che motivo,
forse perché son vivo [...]".
Francesco Guccini (Canzone di notte n.2



In giro per Riva, di notte. Ho appena ascoltato un concerto magnifico, e non ho voglia di tornare a casa. Per strada, al porto, c'è vita: chi si cala una pasta, chi telefona al fidanzato in ritardo, i tedeschi esausti del gran caldo... Ed io, nella moltitudine, rimpiango la Luna e scrivo, sul mio bolide a due ruote sgonfie.
Dal lido estremo, l'altra riva è un'apoteosi di colori. Voci nell'oscurità, c'è chi adesso esce di casa e chi per poco evita un incidente. Il lago unisce e confonde tutto quanto, dipingendo nei ricordi un istante di quiete.
Correndo nel vento, mi chiedo se non sarebbe bello poter tutti i giorni sfiorare le stelle, sferzare gli ulivi; ma forse anche questo ultimo "dovere" smorzerebbe la bellezza della notte. L'orologio della torre è fermo, e così la mia realtà: in un'eternità pacata, un jazz improvvisato mi sottrae all'eterno, regalando folle sollievo.
C'è chi fa bravate, e tutte le altre buone anime che, per etichetta, li osservano immobili. Disturbare i cafoni, invero, sarebbe scortese.
Le tedesche coi loro sguardi arcigni, e i loro padri dall'ilare risata tombale... Come può un fiore nutrirsi d'accidia? Eppure parlano e scherzano, sulla riva malsana del porto. Lo spettrale riflesso del forte danza nel canale, e par più reale del pallido spettro innanzi a me.
I ricordi si inseguono, d'infanzia incosciente e giovinezza insaziabile. Le coppie di liceali si stringono sulla terrazza, camminano veloci.Chissà, se quel ragazzo pensa solo a scoparsela, la bambina dai lunghi ricci che le coprono la schiena nuda.
Una volta non avevo paura dell'ombra fra i cespugli. Ora, invece, lo stesso sostare in loro vicinanza mi inquieta. Possibile che la maturità consista solamente nell'assumere un maggior numero di timori? nell'odio stesso verso la felicità? Invero, la chiamano disillusione.

E' una bella serata, qui a Riva. La solitudine nel vento ha qualcosa di magico, la sera, fra le strade semideserte. Mi son seduto sotto un lampione, quasi nella sua luce sicura potessi sentirmi rincuorato. C'è una quiete così dolce, sorde le note del concerto ancora mi riempiono l'anima. Ma la notte vibra d'un'energia arcana e potente, ora vistosa passione e d'un tratto appena percettibile, nel tessuto distorto d'un'illusione di molte altre più bella.
D'ebbra e piacevole malinconia amo riempirmi, mentre a braccia tese le ruote corrono e l'aria fredda mi sferza il viso. E' come se la voce del giorno all'epilogo cantasse al mio orecchio, e io con lui, che alla storia conclusa una nuova seguirà; perciò, non devo disperare.
Eppure, fintanto che vivrò aspettando il crepuscolo e la sua consolazione per un domani completo, fintanto che nell'anemia della vita ritarderò ogni realtà in attesa dei sogni, non potrò che maggiormente anelare a questa dolce malinconia che goccia a voce, garrito a risata, istante a nuvola, stella, rintocco, mi conquista.
Ah, dolce notte! son tuo figlio perduto, eccomi! Accogli fra le tue braccia questo mio sogno desto: che possa mai svanire.




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