Chi sono: Storia d'uno scrittore

Per quanto ci sia poco da raccontare, immagino sia il caso di illustrarvi il breve percorso della mia vita, in modo che vi sia manifesto il vento che m'ha spinto ad aprire questo blog e, più in generale, a ricercare avidi o distratti occhi per queste mie parole lievi.

FIGLIO DI DUE MONDI
Sono nato il 16 Luglio 1993 a Pisa da madre insegnante di Lettere Classiche e padre Ingegnere Nucleare, poi costretto per caso avverso a ripiegare sull'ingegneria edile. Queste due radici m'han sino da bambino accostato ad un duplice e variegato filtro attraverso cui interpretare la realtà tangibile e gli impalpabili sogni: alla luce del pensiero creativo, ricercato e aperto; al calore del raziocinio, logico e consequenziale. Entrambe queste dottrine, per quanto all'apparenza distanti, si basano su un comune pilastro, fondamento del mio ragionare: i due piani, fisica e onirica, s'intersecano e sovrappongono più di quanto l'uomo possa (almeno per ora) comprendere, e perciò non dovrà sembrarci impossibile o folle che nella fisica realtà delle cose accadano i miracoli e che il fiume sciolto della fantasia scorra fra gli argini delle leggi naturali.
Un gran giro di parole, solo per dire che sono sia capace di interpretare i fenomeni col metodo scientifico, sia di coglierli per quel che sono e farmene una ragione senza troppi sollazzi o inutili struggimenti.

CARRIERA SCOLASTICA
A 7 anni mi iscrivo alla Scuola Civica Musicale dove studio Pianoforte e Canto Corale fino agli 11 anni, quando vengo ammesso al Conservatorio di Riva del Garda, città dove abito. Qui, continuo gli studi di Pianoforte conseguendo anche le licenze di Solfeggio, Armonia e Storia della Musica, mentre partecipo attivamente alle attività del Coro del Conservatorio e porto discretamente a termine i miei studi presso il Liceo Classico Andrea Maffei, dove conseguo la Maturità Classica con un punteggio di 97 centesimi.

Conseguito il diploma del 5° corso di Pianoforte, i successivi anni verso il diploma dell'8° sono per me assai difficili e tormentati, tanto sono preso dai contemporanei studi universitari. Infatti, sin da bambino avevo nutrito il desiderio di diventare medico, il che mi portò a provare, senza successo, l'ammissione a Medicina nel 2012. Fallito il test, ho frequentato per un anno il corso di Biotecnologie presso l'Università degli Studi di Trento, ottenendo in tal modo le nozioni e la mentalità scientifica necessari a permettermi finalmente, l'anno successivo, di iscrivermi al corso di Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Verona.
Purtroppo, l'impegno crescente che questa facoltà tutt'ora mi richiede porta alla decisione più sofferta di tutta la mia vita: a Settembre 2014, dopo nove anni di Conservatorio, e l'esame dell'8° corso (il penultimo) a portata ormai, decido di lasciare il corso di pianoforte.

Attualmente, porto avanti (non senza intoppi e rallentamenti) la mia carriera da "aspirante medico", nella speranza un giorno di poter finalmente dedicarmi allo studio dell'anima, come la definisco io: la psichiatria.

CARRIERA LETTERARIA: Come tutto incominciò
Passiamo ora all'argomento principale.
La mia carriera letteraria, se così si può definire, ha la sua prima scintilla intorno al 2005: avevo dodici anni e una bella catasta di libri letti alle spalle, sentivo in me dunque crescere saldo il desiderio di raccontare una storia tutta mia, di trovarmi finalmente dalla parte del creatore e non del fruitore, della parola scritta. Pongo le basi di due opere: "Perché doveva capitare proprio... a lui", fallimentare esperimento d'una storia ritratta dal punto di vista del co-protagonista, a scopo prettamente ironico e sarcastico; "Il fuoco della fenice".
Su quest'ultimo mi voglio dilungare. Difatti, quelle cinque paginette scritte di getto, una sera come tante, sarebbero state l'incipit (sebbene con enormi rimaneggiamenti e stravolgimenti) di quel che poi sarebbe risorto come il mio primo, ed unico, libro attualmente pubblicato.

Due anni dopo, mi iscrivo al liceo Classico. Sono sempre stato incredibilmente timido e chiuso, forse anche a causa degli studi di pianoforte che hanno impegnato buona parte delle mie attenzioni e lunghi (lunghissimi) pomeriggi; comunque, decido intorno al quinto giorno di superiori di osare un gesto (per me, s'intende) di grande coraggio: provo l'approccio con un ragazzino sconosciuto di classe mia.
Era questi un individuo interessante: capelli quasi rasati d'un colorito smorto, pelle pallida e tonda, occhiali al pari ovali e spessi, sguardo affilato come una mannaia e un naso d'aquila che pareva inchiodare la preda anzi il fulmini fosse dall'iridi scaturito. Non fu tuttavia la sua figura ad incuriosirmi, quanto che, in aula informatica, gli vidi inserire per il log-in nel computer una password d'estensione biblica: DICIOTTO CARATTERI.
"Wow, come mai così lunga?" gli chiesi.
"E' il titolo del libro che sto scrivendo" rispose lui, arcigno e con fare distratto, il tremolio sottile della sua voce scopriva tuttavia l'emozione che lo stringeva nel parlare di una cosa tanto personale e preziosa.
"Davvero? Figo... Sai, anche io sto scrivendo un libro".
"Ah, però" scattò lui, sorpreso invero e interessato, volgendo a me il viso e squadrandomi. Restammo per un attimo immobili e impacciati, prima che il ragazzo mi porgesse la mano dicendo: "Mi chiamo Davide Piva".
"Io sono Giacomo Soraperra".
Così conobbi il mio migliore amico, e decisi che avrei ripreso in mano quelle pagine dimenticate che finalmente in me sentivo ardere e avvampare non più come idea, ma come storia da raccontare.

Siamo cresciuti e assai cambiati, negli anni. Sostenendoci a vicenda, commentandoci a vicenda, prendendoci per il culo a vicenda, ci scambiavamo di continuo idee di poetica e letteratura, imparando ad amare l'un l'altro le opere del compagno.
Nel 2010, sul finir dell'anno scolastico, Davide termina il suo libro. Lo seguii a ruota: sei mesi dopo, a Novembre 2010, termino la stesura del mio primo romanzo: "Per i cieli di Liberta - L'Alba e la bambina".
Ah, per la cronaca: è "Liberta", dannazione, e non "Libertà". Non c'è nessun cavolo di accento.
Pare una raccomandazione sciolta, ma nel 99% dei casi la gente legge male il titolo. Anche quei furboni del premio letterario La Giara, l'hanno letto con l'"H".
Cazzarola, OK che sono uno scrittore dilettante, ma sono capace di mettere gli accenti! A volte, bisognerebbe educare i lettori a non dare tutto per scontato...
Comunque, spedisco l'opera revisionata alla casa editrice Albatros (facevano la pubblicità sulla Mediaset. Sì, mi ha convinto mia madre), loro accettano di pubblicarla, sottoscrivo un contratto per cui il regalo di compleanno dei 16, 17 e 18 anni confluisce in un solo, pesantissimo versamento alla casa editrice romana.

Il 29 Settembre 2011 viene pubblicato il mio primo romanzo: Per i cieli di Liberta - L'Alba e la Bambina, casa editrice Albatros il Filo.
Il libro non è più disponibile (come mai?), ma lo trovate ancora su internet. E ho delle casse in cantina, se siete interessati.

Il mio primo romanzo è ancora infantile, la crescita mentale dell'autore si denota pesantemente nel passaggio fra una prima parte scontata e banale verso un finale decisamente meritevole e articolato, sofferente tuttavia e stroncato da una serie di premesse casuali e deboli su cui l'intera opera era stata basata.
Ma io ero felice: ero diventato uno scrittore.
O almeno, così credevo.
Mi resi conto in fretta che la dura lotta per i lettori era appena all'inizio: il pubblico non cade dal cielo per grazia divina e anzi è assai più complicata questa parte del lavoro che l'intera stesura d'un romanzo!
Ma io, ancora piccolo e sommerso di lavoro fra Maturità e Conservatorio, lasciai che il tempo scorresse infame, e la mia opera si perse in un nulla di fatto. Nel frattempo che finivo il liceo, scrissi il sequel: "Per i cieli di Liberta - Il Lupo e il Fuoco Freddo". E' inedito, ma è arrivato semifinalista alla terza edizione del Premio internazionale Rai La Giara. Questo il link: http://www.premioletterariolagiara.it/edizioni/terza-edizione

LA CARRIERA LETTERARIA: Come cambiai
Iscrizione all'Università.
La più grande merda che potesse capitarmi.

L'anno trascorso a biotecnologie fu insieme un sogno e un incubo ad occhi aperti, mi ha però procurato cicatrici che rimarranno per il resto della vita e hanno pesantemente tediato il mio spirito, costringendomi ad un cambio radicale di mentalità.
Oh, e ho dimenticato di aggiungere un dettaglio fondamentale alla mia narrazione: ad appena due mesi dalla pubblicazione del romanzo, mi ero trovato una ragazza! Certo, le correvo dietro da due anni, ma poco importa! Ero felice!
E frustrato.
Già, perché di colpo capii che c'era ben altro al mondo oltre allo studio, al pianoforte, e alle realtà alternative che la mia mente poteva partorire. C'era qualcosa oltre il velo di nebbia, una fiammella stridula e incoerente che brillava fra le iridescenti pareti della coscienza e del tempo come un improvviso lampo di ragione nei deliri logici di chi si crede per il proprio sapere Dio e ignora l'immensità del tutto.
Se non s'è capito, parlo della felicità.
Scoprii che certe persone vivevano per inseguire il proprio benessere individuale. Non importavano i risultati e gli obiettivi, non era tutto produzione e guadagno. Vi parrà logico, ma per me fu uno shock, così grande invero da gettarmi fra le braccia di una profonda, viscida, e soffocante depressione.

Gli studi di biotecnologie erano interessanti, ma freddi e lontani dall'interazione con le persone che andava cercando la mia millantata carriera da medico; insieme, sentivo la lontananza dell'ambiente letterario e della poesia spicciola che sotto il banco io e davide spacciavamo assorti fra un diverbio catulliano e la mia avversità ostentata verso Schopenhauer; infine, il pianoforte, da me accantonato quasi ed ora pressante, che mi richiamava a sé sottraendo attenzione e cura verso tutto il resto.
Soffocato dagli impegni, finii per soffrire d'insonnia: dormivo due giorni a settimana per sette ore, le altre notti le trascorrevo fra i deliri esasperati e le immagini idilliache d'un futuro o alternativo universo dove avevo mandato tutto all'aria e niente m'assillava.
A questi giorni risale la stesura del mio terzo romanzo: "Il ladro di ombre". E' una storia breve e semplice, un quadro struggente d'un evento da nulla e insieme tremendo. In pratica, un trattato di filosofia spicciola dove illustro l'idea della maschera come fondamento dell'illusione che ognuno di noi opera per non impazzire in questa società di sogni assassinati e felicità negata, il tutto attraverso gli occhi d'un pittore quasi cieco e della bambina che sola, fra tutti, riconosce la bellezza dei suoi quadri, che raffigurano i veri volti degli infiniti attori inconsapevoli della città
Questo mio piccolo e triste lavoro non ha riscosso successo ed è ancora inedito. Difatti, non è molto commerciale: pensieri profondi, intrattenimento impegnato, nulla che il lettore medio richieda. Non c'è amore scontato, pensiero blando e superficiale, lieto fine, sesso esplicito o elaborato quanto inutile intrico politico. Solo la realtà, nella sua deprimente vera forma, e un finale sconvolgente. Dunque, non se lo è cagato nessuno.

Ma ormai il cambiamento era iniziato.
Quando l'anno successivo mi iscrissi a medicina, capii che dovevo ricercare la terza via fra il romanzo scattante e dinamico che era stato "Per i cieli di Liberta" e la ricerca febbrile dell'identità umana che rappresentava "Il ladro di ombre": cominciai a maturare l'idea per il libro che sta ora partecipando al concorso La Giara di quest'anno e del quale, dunque, non posso parlarvi. Nel frattempo, però, si accalcarono nella mia testa mille altre idee, progetti, battibecchi, e cominciai a lavorare sulla revisione de "Il Lupo e il Fuoco Freddo" sempre per partecipare alla Giara.
Nel frattempo, impazzivo.
Sempre soggetto ad insonnia e crisi depressive, sono stato salvato dall'infinita pazienza della mia ragazza. Cominciai a capire, comunque, che il miracolo fin'ora accaduto non poteva continuare: Conservatorio, Università e Letteratura sono tre enormi realtà che io, purtroppo, non riesco a coltivare contemporaneamente. Il problema è invero lo struggimento che in me avvampa alla certezza di non poterli curare tutti con la stessa dovizia e attenzione: sono un pignolo, un perfezionista, chiedete a Davide e vi confermerà che sono capace di trascorrere un'ora e più su una singola frase, se la musicalità del testo non mi convince o una parola non s'adatta alle altre.
Così, decisi d'operare una scelta gelida, di razionale praticità lavorativa, e decisi di lasciare il conservatorio.

Da quando ho abbandonato lo studio accademico del pianoforte, mi duole ammetterlo, sono assai più sereno. Non ho smesso di suonare e, anzi, ho ora il tempo di dedicarmi al Jazz (mia vera passione) e alla composizione di brani per pianoforte e orchestra; inoltre, sono direttore del coro degli anziani e organista della chiesa vicino a casa mia, un'attività che m'ha dispensato più gioie e soddisfazione di quanto mai anche solo ho sfiorato in otto anni di Conservatorio.
Per quanto riguarda la Letteratura, sono entrato in quel magico periodo che il mio amico Davide definisce: "Quando hai un mare di idee ma non riesci comunque a concludere un cazzo".
Oddio dai, non è vero.
Partecipo al concorso Rai di quest'anno con il libro che ho finito di revisionare a novembre (sempre novembre!) 2015, ho idee per almeno altri tre romanzi che ho già iniziato e per una riedizione de "Il ladro di ombre" in chiave più leggera e maggior impatto della trama sulla vicenda.
Infine, e soprattutto, sto ponendo insieme ai miei più cari amici le basi per un progetto grandioso che, se tutto andasse bene, potrebbe finalmente attirare l'attenzione di molti e il piacere ti tanti. O almeno, io lo spero.

CONCLUSIONE
La mia poetica è cambiata, il mio modo di scrivere è cambiato. Da una prosa altamente descrittiva e incredibilmente minuziosa, che basava la sua scorrevolezza sull'uso sapiente dei tempi passati e del costrutto della frase, sono passato alla sperimentazione e all'ermetismo, giungendo infine a unire i periodi descrittivi e impegnati con frasi brevi, guizzi di lama, e l'intromissione dei personaggi stessi nella narrazione un tempo solo esterna. Per riassumere, ho lasciato che i protagonisti diventassero parte stessa della narrazione, del racconto, in modo da enfatizzarne la presa sul lettore.
Il ragazzino speranzoso e solare che da cieco fui ha lasciato il posto ad un angosciato giovane scettico, che s'interroga sulla trama invisibile che regge la realtà e sull'effettiva esistenza di questa, sull'efferatezza dell'anima e la veridicità delle emozioni.
Le mie storie parlano ora d'illogicità e meraviglia, irreale e palese, mi diverto a porre a confronto la realtà per molti ormai scontata con l'impossibilità, e a notare come entrambe invero non hanno motivo per essere scartate a priori e giudicate non vere.
E' questo il fulcro della mia narrativa: l'illusione, che sempre nasconde od è essa stessa la verità.

Spero di non avervi annoiato con questo mio diverbio scarno e appassionato, invero però avevo piacere di narrarvi gli eventi che m'hanno portato ad aprire questo blog: vorrei condividere con voi il flusso che sento in me scorrere e ruggente cerca zampillo dall'anima mia, sotto forma di parole e musica e poesia. So di non esser perfetto e che ancora molto ho da migliorare, mi è tuttavia impossibile da solo. Perciò chiedo il vostro aiuto: leggete, commentate e condividete, se vi è gradito farlo, e aiuterete questo imbranato ragazzino a muovere qualche tenue passo verso un roseo futuro.
Grazie


Giacomo Soraperra

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